Quando pensiamo al commercio equo ci vengono in mente soprattutto prodotti alimentari e artigianato: il Consorzio Altromercato, invece, propone anche capi di abbigliamento etici e sostenibili. E pure belli: caspita se sono belli: ne parliamo in questo articolo, con due guide d’eccezione.
Che cos’è Altromercato
Tessuti morbidi, avvolgenti come il vento di scirocco, stoffe che raccontano storie di donne e di saperi antichi e che parlano di un modo nuovo di vivere le relazioni. È la moda di Altromercato: un viaggio tra storie e colori che partono da lontano e arrivano vicino. Molto vicino.
Ad accoglierci nell’Altromercato Store di Treviso troviamo Sara e Alberto, che ci spiegano come nasce la più importante realtà italiana di commercio equo e solidale, tra gli anni ’80 e gli anni ’90.
Fra i fondatori principali c’è la Cooperativa Pace e Sviluppo, che oggi gestisce undici “Botteghe del mondo” nelle province di Treviso, Venezia, Padova e Pordenone, grazie al lavoro di 1800 soci e 300 volontari. Il progetto cresce, coinvolgendo centoundici cooperative ed enti no-profit, con oltre trecento “Botteghe Altromercato” in tutta Italia.
Il consorzio, però, è soprattutto una centrale di importazione che sviluppa contatti commerciali diretti con 150 piccoli produttori ai margini del mercato in oltre 50 paesi del mondo: contadini, artigiani, microimprese. Altromercato lavora con loro e per loro, applicando i principi fondamentali del commercio equo e solidale: retribuzione equa, relazioni stabili che durano nel tempo, sostenibilità.
Altromercato collabora anche con piccole realtà italiane: imprese nate in carcere, ad esempio, oppure aziende che operano sulle terre confiscate alla criminalità organizzata. I loro prodotti vengono venduti sotto il marchio Solidale Italiano.
Sara e Alberto dello store di Treviso parlano della loro esperienza, prima come volontari e poi come soci della cooperativa. “Amo il mio lavoro, perché dietro ad ogni singolo prodotto ci sono i valori che condivido, ma anche le storie uniche, semplici e straordinarie di tante donne e tanti uomini: storie di riscoperta, di dignità ritrovata, di cambiamento“, racconta Alberto.
Si inizia con i prodotti alimentari e con l’artigianato, ma a partire dagli anni duemila arrivano in Italia anche abbigliamento e accessori. Nelle botteghe fanno capolino i maglioni di lana delle Ande e le magliette in cotone indiano: è il primo passo di un progetto destinato a crescere.
L’abbigliamento sostenibile di Altromercato
Avete mai pensato a quante ore al telaio servono per tessere una sciarpa di lino? O a quante persone sono coinvolte nella produzione di un paio di pantaloni in cotone, dalla raccolta al confezionamento? Ogni prodotto incrocia la vita degli uomini e delle donne che lavorano per realizzarlo e ogni passaggio della filiera aggiunge valore: un valore che la moda etica di Altromercato si impegna a riconosce e a remunerare.
Tutto inizia grazie alle piccole collaborazioni avviate da alcune cooperative che aderiscono ad Altromercato. Con il passare del tempo, la rete si amplia e il progetto cresce, fino a diventare un’iniziativa con una struttura definita.
Il 2012 è l’anno della svolta: Marina Spadafora, ambasciatrice della moda etica nel mondo, disegna la collezione di abbigliamento primavera-estate per Altromercato. La collezione “Auteurs du Monde” è un piccolo gioiello di forma ed equilibrio: modelli semplici ed eleganti, colori naturali, tessuti morbidi accarezzati dalla luce, talmente belli che ti viene voglia di toccarli al primo sguardo.
Condivisione e unicità, terre, volti e direzioni che si intrecciano come la trama e l’ordito: l’evoluzione del progetto di abbigliamento Altromercato è una straordinaria esperienza di collaborazione. Nel 2020, infatti, nasce la cooperative collection On Earth, una collezione comune creata ogni anno da diverse realtà del settore, con un unico obiettivo: dare lunga vita alla moda etica.
Le aziende e le centrali di importazione italiane coinvolte nell’iniziativa sono diverse. Tra i partner principali:
- Quid, che produce abiti ed accessori partendo dai tessuti di risulta delle grandi case di moda e dà lavoro a persone con un passato difficile.
- Meridiano 361, centrale di importazione specializzata in gioielli che provengono da Amazzonia, India, Ecuador.
- Equomercato, che si occupa di importazione di pelle e conduce attività di ricerca e innovazione insieme ai produttori.
- Altraqualità, che sviluppa e importa abiti e filati in cotone, lyocell e lana di Alpaca realizzati da gruppi di artigiane dall’India e dal Nepal.
Gli stilisti che lavorano con le centrali di importazione conoscono a fondo gli artigiani che partecipano al progetto e curano personalmente le relazioni con ciascuno loro, coinvolgendoli nella creazione di collezioni sempre diverse, una per stagione.
Diverse, certo: l’aggettivo, però, ha un senso differente da quello che ci si potrebbe aspettare. Senza dubbio gli stilisti studiano e assecondano le tendenze del mercato, ma nel farlo spesso chiedono agli artigiani di sperimentare qualcosa di nuovo: nuove tecniche di lavorazione, nuovi modi di trattare il tessuto. Lo scorso anno, per esempio, gli accessori in pelle sono stati sagomati con il taglio laser, mentre per la prossima stagione alcuni modelli di borse saranno in tessuto matelassé, seguendo il trend del momento.
“Le nostre ultime collezioni non hanno nulla da invidiare a quelle di altri brand molto più noti. Inoltre, sono realizzate artigianalmente e parlano di chi le crea. Un abbraccio tra produttori e clienti“, spiega Sara.
Anche alcuni dei materiali proposti sono decisamente innovativi, come la fibra di banano o il Lyocell, prodotto dalla polpa del legno di eucalipto. In questo modo si evita il consumo di acqua legato alla produzione del cotone: 2.700 litri d’acqua per produrre una T-shirt, secondo i dati CIA del 2019.
Innovazione nelle tecniche, formazione e sperimentazione si traducono per gli artigiani coinvolti in un miglioramento professionale continuo. Un risultato importante, fatto di crescita individuale, economica e di comunità.
Abbigliamento Altromercato: perché acquistarlo?
L’impatto ambientale e sociale della moda è altissimo: difficile aspettarsi qualcosa di diverso da un’industria che dà lavoro a 50 milioni di persone e ha un giro d’affari di 2,4 trilioni di dollari. Secondo una ricerca condotta nel 2019 dal Centre for Sustainable Fashion di Londra, il settore è responsabile di forti squilibri a livello mondiale:
- Impatto sul cambiamento climatico: già oggi l’industria della moda genera il 13% delle emissioni di gas serra, con un aumento del 60% previsto nei prossimi 12 anni
- Danni ambientali: eccessivo consumo d’acqua, inquinamento da pesticidi e sostanze chimiche, sfruttamento del suolo e perdita di biodiversità.
- Spreco e sovraconsumo: nei paesi più ricchi il numero di capi acquistati è aumentato di quattro volte negli ultimi 20 anni.
- Lavoro minorile, manodopera sottopagata, orari di lavoro insostenibili a spese del benessere delle persone e delle comunità.
L’abbigliamento etico nasce proprio per contribuire a sanare le storture e le disparità dell’industria mondiale della moda, e questa è senz’altro la prima ragione per acquistare vestiti e accessori Altromercato.
Ce ne sono molte altre, però. Chi acquista i capi di abbigliamento Altromercato, infatti, sceglie abiti, borse e gioielli che, tra le pieghe delle stoffe e le cuciture della pelle, custodiscono le storie e l’arte di chi li ha creati. Una moda diversa, che fa star bene chi la produce e chi la indossa: non per nulla, i capi della collezione On Earth sono stati protagonisti della sfilata La forza torna in passerella promossa da LILT.
“Vogliamo capire cosa può piacere a una cliente, ma soprattutto cosa la fa sentire a proprio agio“, racconta Sara. “Come te lo senti?” è una delle domande che chi acquista si vede rivolgere più spesso nelle botteghe Altromercato. Perché un vestito non è solo forma e tessuto, ma un modo di esprimere personalità, identità e pensiero: devi sentirtelo bene addosso, altrimenti non è il tuo.
L’assortimento delle botteghe che propongono l’abbigliamento di Altromercato segue i gusti e le richieste delle clienti: chi gestisce il negozio le conosce, e sa bene che cosa cercano.
Chi entra in bottega, d’altro canto, sa che l’abbigliamento di Altromercato è fatto di mani che cardano e intrecciano, di pensieri leggeri e potenti, di profumi e consistenze che riuniscono i quattro angoli del mondo in un solo oggetto. Le clienti chiedono da dove viene una camicia, com’è cucita e chi l’ha lavorata: “Parlano di noi, ci danno fiducia, portano i nostri vestiti con orgoglio“, spiegano Sara e Alberto. E basta guardarli negli occhi per capire che è un orgoglio condiviso.
Tra poco la moda etica di Altromercato sarà protagonista di 4Passi Festival, uno degli appuntamenti più importanti nel settore dell’economia solidale, equa e sostenibile. Nelle scorse edizioni l’evento promosso dalla Cooperativa Pace e Sviluppo, conosciuto finora con il nome di Fiera 4Passi, ha coinvolto 50 mila partecipanti per ciascuna edizione. Quest’anno la manifestazione si terrà dal 22 al 24 ottobre a Treviso e proporrà, tra i vari appuntamenti:
- Un convegno presso la sede della Camera di Commercio, a cui parteciperanno aziende italiane che lavorano nel settore della moda etica;
- Una sfilata dedicata al marchio On Earth;
- Uno swapping party, in collaborazione con l’Associazione Agorà;
- Una gigantesca installazione creata con abiti usati dall’artista russa Varvara Grankova, già vincitrice del premio ArteLaguna.
Dietro un vestito di Altromercato c’è molto di più di ciò che vediamo quando lo indossiamo: ci sono storie di persone, saper fare, tempo e vita. Riconoscerlo significa dare il giusto valore e il giusto prezzo ad ogni capo. L’abbigliamento Altromercato è qui per questo, ed è qui per restare: lunga vita alla moda etica.
Link utili:
Indirizzo: Via Margherita Grimaldi Prati 2, 31100 – Treviso
Sito web: https://www.pacesviluppo.org/
Facebook: https://www.facebook.com/StoreAltromercatoTreviso/
Instagram: https://www.instagram.com/storealtromercatotreviso