La vita di un’altra: Jessica Zanardo racconta il diabete

La Vita di un'altra: Jessica
Una foto di Jessica (Credit: La vita di un’altra)

Jessica Zanardo è una ragazza di Treviso che con il suo progetto “La vita di un’altra” racconta la sua quotidianità con il diabete di tipo uno. Jessica condivide i momenti sballati e i pensieri positivi, gli avvenimenti e le difficoltà, giorno per giorno. E invita gli altri a farlo, a tirare fuori quello che non va: perché nessuno è solo.

Come nasce “La vita di un’altra”

È settembre e fa un caldo insopportabile. Jessica suda e beve come una grondaia: uno, due, tre litri d’acqua. Quando inizia a sentire un dolore al fianco, la prima cosa che pensa è: “Ci risiamo: un’altra colica renale”. Arriva al pronto soccorso: la ricoverano per accertamenti.

Dopo l’ultimo esame, la portano in una stanza e le dicono di aspettare. Jessica capisce che c’è qualcosa di strano. Entra un medico, si presenta e annuncia: “Lei ha il diabete di tipo uno”. Diabete: una parola sentita tante volte, però Jessica ne sa poco. Nessuno in famiglia ha avuto a che fare con questa malattia. Di tipo uno, poi: cosa vorrà dire?

Nei giorni successivi le spiegano tutto: il diabete di tipo uno è causato dall’azione di anticorpi che attaccano le cellule del pancreas che producono insulina. Cosa significa? Che il tuo corpo, senza insulina, non può più usare gli zuccheri per generare energia. Così, inizia a bruciare i grassi e a produrre i cosiddetti corpi chetonici: un accumulo di queste sostanze nell’organismo può portare a situazioni molto pericolose, fino al coma.

Le iniezioni di insulina servono a tenere la situazione sotto controllo, evitando picchi di glicemia e situazioni di ipoglicemia. L’uomo, però, non è una macchina: a causare le variazioni glicemiche possono essere non solo gli alimenti ma anche l’attività fisica e le emozioni.

“La sua vita cambierà”: questo hanno detto i medici a Jessica. Finché sei in ospedale tutto è regolato, i dottori e le infermiere ti aiutano a prendere le misure della tua nuova condizione e a gestire i primi giorni. Il difficile arriva una volta tornati a casa.

“Una delle cose più dure da accettare è il non avere più il controllo del tuo corpo”. Provaci tu ad autoregolarti perché devi sostituire il tuo pancreas che non funziona a dovere, legata a un monitor che traccia le variazioni glicemiche come un ottovolante impazzito. Provaci tu a tenere costantemente a bada le emozioni, come se non fossi una persona, ma un meccanismo. O un organo: il tuo pancreas, appunto.

Qualcosa dentro la testa di Jessica fa “click”. No, tu il diabete non ce l’hai: si sono sbagliati. Rifiuto, rabbia, chiusura totale. Per otto mesi Jessica decide di tornare alla vita di prima: niente insulina, niente controllo della glicemia, e al diavolo.

Per chi ha il diabete di tipo uno tutto questo è pericolosissimo: un modo inconsapevole per autodistruggersi, fino al limite. “Di me non era rimasto più nulla”, racconta Jessica: calo di peso, vista annebbiata. Arriva il giorno in cui non ti reggi più in piedi: Jessica si rivolge al suo medico con la rabbia di chi si sente sconfitta. “Adesso vai a casa e ricominci con l’insulina”.

La ragazza lo fa, dopo una notte insonne. La stessa notte in cui inizia a scrivere e a raccontare le sue giornate. Una alla volta, dettaglio su dettaglio, decisione su decisione, emozione dopo emozione.

Jessica si ritrova scrivendo, come faceva da bambina: si sfoga, lascia andare, si calma. La scrittura diventa, un rifugio: ma non il rifugio di un animale in trappola. Piuttosto, un rifugio come doveva esserlo l’arca di Noè, costruita per accogliere tutti e per sentirsi vicini. Fatta per condividere le onde, la paura del diluvio e la gioia del sole dopo le tempeste: la pagina Facebook “La vita di un’altra” nasce così.

Che cos’è “La vita di un’altra”

La vita di un’altra è il progetto di una ragazza che vuole che nessuno resti solo a combattere. All’inizio, con la diagnosi arrivata come uno schiaffo, Jessica la solitudine l’ha cercata, eccome. La solitudine della rabbia, quella di chi resta aggrappato a una normalità che non c’è più con un’ostinazione che non vuole sentire ragioni. E si fa del male.

Dopo gli otto mesi iniziali di negazione della malattia, Jessica si salva per un pelo. Quando riprende le cure, le bastano pochi giorni per sentirsi meglio. Il suo corpo ricomincia a vivere, lei ricomincia a vivere. Come una persona che ha digiunato a lungo, si riaccende poco per volta: poi, la vita rompe gli argini. Mentre lo racconta Jessica sorride, come se risentisse quei momenti sotto la pelle: “Avevo fame di vita, non volevo perdermi neanche un istante”. Racconta di un’estate a colori, di un viaggio a Ibiza con la sua migliore amica.

Quando apre la sua pagina Facebook lo fa per raccontarsi e per lanciare il suo “se ci sei, batti un colpo”. “C’erano tanti gruppi e tante pagine social che parlavano del diabete. Quello che mancava era uno spazio in cui chi ha il diabete di tipo uno potesse confrontarsi con altre persone nella stessa situazione”.

Su La vita di un’altra Jessica parla della sua quotidianità, delle infinite decisioni prese ogni giorno per compensare e riequilibrare la glicemia, dei momenti di merda in cui il rilevatore ti segnala una giornata sballata e tu ti senti in colpa. Respira, ancora, e ancora. Non guardare la cima della montagna, metti un piede davanti all’altro e cammina. Poi corri, poi danza. Poi riprendi a camminare. Amati, sii gentile con te stessa e ricorda: un giorno storto è solo un giorno storto, recupererai domani.

Chi ha il diabete di tipo uno conosce bene queste sensazioni. In Italia sono circa 300 mila persone, insieme alle loro famiglie. La sottolineatura ci sta tutta, perché il diabete di tipo uno cambia la vita non solo a chi ce l’ha, ma anche alle persone che gli stanno accanto.

La community di La vita di un’altra su Facebook oggi conta più di diecimila follower: persone che rispondono ai post di Jessica e raccontano che no, non è l’unica a sentirsi così, nel bene e nel male. “Più ero precisa nel raccontare, più le persone si riconoscevano”. Così, lei continua a scrivere, trovando anche altri modi per comunicare:

  • I video. Guardateli, i video e le dirette Facebook di Jessica: la sua ironia, il suo modo diretto di spiegare il diabete a chi non lo conosce. Gli slalom tra le frasi dette troppo in fretta, le battute fulminanti e la condivisione di pensieri così intimi che ascoltarla ti fa bene da quanto ti fa male. Guardi il primo video, il secondo, il terzo: e ti sorprendi a fare un passo indietro. Quello di chi viene da fuori, e capisce che le cose “dentro” non sono come se le immaginava: si chiama empatia, e se è arrivata, tu continua a coltivarla.
  • Un libro, e altri due in cantiere. Il primo libro di Jessica, “La vita di un’altra”, parla dell’arrivo del diabete, di come lei ha reagito, del suo ritrovarsi giorno dopo giorno.
  • Le presentazioni dei suoi libri e le cene organizzate con la community che la segue su Facebook: a Treviso, Bologna, Roma.

È proprio durante gli incontri dal vivo che Jessica capisce quanto fa bene alle persone condividere la propria esperienza sapendo di non essere sole. Una sera, durante una cena, una ragazza l’ha presa in disparte l’ha ringraziata: “Mi sento parte di qualcosa”, ha detto. Poi ha aggiunto: “Qui tutti ci facciamo l’insulina prima di mangiare, ed è una cosa normale”.

Qui e ora

La vita di un’altra è rinascita, trasformazione e accettazione: non l’accettazione rassegnata della malattia, ma l’accoglienza della nuova Jessica. Un corpo diverso, una quotidianità nuova, un nuovo modo di vedere le cose.

C’è una frase ricorrente nella community di Jessica:Get out your Jack: un invito a condividere, soprattutto le difficoltà e i momenti no. “Tira fuori il tuo Jack”. Jessica chiama il diabete per nome, come se fosse un inquilino ingombrante arrivato senza avvisare. Impossibile non dargli spazio, perché Jack c’è sempre. Possibile, invece, imporgli dei confini: “Il tuo spazio è limitato: qui tu non entri”.

Raccontata così sembra facile, ma non lo è affatto. Non lo è scandire la giornata a suon di microdecisioni per compensare i livelli di glicemia. Non lo è imparare ad ascoltare il tuo corpo e le tue emozioni per stare un passo avanti ai campanelli di allarme. Non lo è affrontare i nuovi incontri con le persone che non sanno di te e di Jack.

Eppure, Jessica continua a sorridere e a raccontarsi con una semplicità sorprendente: una semplicità che ti prende a cazzotti, fa a brandelli i tuoi punti di vista e li lancia in aria come coriandoli. “Qui e ora: l’ho letto tante volte nei libri, ma ho capito cosa vuol dire solo con la malattia”. Nella vita di una persona con il diabete le incognite sono tante: si vive un giorno alla volta, andando avanti per esperienze, errori di valutazione, conquiste piccole e grandi.

E ogni istante diventa prezioso: quello che si sceglie di fare, il tempo che si decide di investire, chi si vuole essere. Jessica resta ancorata al presente, lasciandosi attraversare dalle emozioni senza frenarle: “Qualunque cosa ti succeda, nel momento in cui arriva è già andata”.

Un modo per invitare chi è alle prese con un problema, piccolo o grande che sia, a non essere troppo severo con se stesso. A volersi bene. Quando Jessica parla di amore hai l’impressione di imparare un significato nuovo per questa parola: canzoni che ti tirano su il morale, piatti lavati quando tu non ce la fai più, silenzi che arrivano al momento giusto, quando non hai voglia di parlare.

Così, si scopre che Jack non è solo il diabete: nella community di La vita di un’altra Jack è qualunque cosa ti scombini la vita e ti faccia incazzare. E poco importa se ha la faccia di un lavoro che ti logora o di un periodo di incomprensione con tuo figlio: tiralo fuori. “Get out your Jack” è anche il titolo di uno dei due libri di Jessica che usciranno a breve: un libro illustrato che raccoglie storie condivise da persone alle prese con il loro personalissimo Jack.

Accanto a Jessica c’è Nicola, il suo compagno. Chi vive quotidianamente con una persona che ha il diabete di tipo uno impara abitudini nuove e riconosce segnali sottili come increspature. Di Nicola, Jessica racconta che ha la capacità di esserci, di entrare in empatia e di placare le onde. Una serenità che la aiuta a farsi forte e a progettare: le iniziative con la community, la scrittura, un nuovo progetto “molto grande” di cui non vuole ancora parlare.

Oggi, come sempre, ho raccontato una storia: questa volta più di altre, però, le mie parole non bastano del tutto. Per cui, vi avviso: ho preso in prestito molte di quelle di Jessica. E non avrebbe potuto essere diversamente.

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4 commenti su “La vita di un’altra: Jessica Zanardo racconta il diabete”

  1. Ciao Jessica, grazie di cuore per quello che scrivi e soprattutto per come lo fai.. ti conosco da poco perché è solo da un anno che ho a che fare con questa malattia.. sono un T3 in quanto il diabete ha colpito mio figlio Simone di 15 anni.. non è facile per un genitore, almeno per me non lo è stato, non lo è e penso che non lo sarà mai ma spero che il tempo mi aiuterà.. acquisterò sicuramente il tuo libro, magari trovo spunto per aiutare al meglio Simone. 😜
    Alla prossima, ciao Tania

  2. La mia Jessica, io la chiamo così, ho letto i suoi libri, mi sono emozionata e ho pianto perché in ciò che scrive mi ci ritrovo, io diabetica t1, ho trovato in lei e nella community comprensione, solidarietà e confronto ! È una ragazza tosta, bella dentro e fuori, grazie a lei …dopotutto non siamo cattivi diabetici ! ❤️❤️❤️

    1. La sua storia è incredibile: incontrarla e raccontarla è stato scoprire un mondo. Non solo la sua storia ma quella di tante altre persone per cui nulla è scontato. Chapeau, a tutti voi.

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