Che cosa sono le reti d’impresa e come funzionano? Il tema è senz’altro di attualità, dal momento che nell’ultimo anno le imprese italiane che hanno deciso di aderire a una rete sono aumentate del 10%. A metterlo in evidenza, i dati dell’ultimo rapporto dell’Osservatorio nazionale sulle reti d’impresa, pubblicato a gennaio 2022.
Allora, vale la pena di dedicare un articolo al fenomeno, spiegando anche perché sempre più aziende e professionisti decidono di aggregarsi in rete d’impresa.
Cosa sono le reti d’impresa
Collaborare, definire obiettivi comuni, condividere competenze: molte imprese hanno scelto strategie come queste per provare a uscire dalla crisi.
Nell’ordinamento italiano c’è uno strumento che favorisce e disciplina la collaborazione tra aziende, inclusi i liberi professionisti: si tratta delle reti d’impresa, istituite con la legge n. 33 del 9 aprile 2009. Semplificando, potremmo definirlo come un modo per regolamentare in maniera flessibile i rapporti tra imprese che vogliono sviluppare un programma di azioni per raggiungere obiettivi condivisi. Ma come funzionano le reti d’impresa?
Partiamo dagli obiettivi: sottoscrivendo un contratto di rete, due o più aziende scelgono di cooperare per un fine comune. Per realizzarlo, condividono prestazioni o informazioni in ambito produttivo, tecnologico, industriale o commerciale e definiscono un piano di azioni, chiamato anche “programma di rete“.
Una prima distinzione di rilievo è quella tra “rete contratto” e “rete soggetto”:
- La rete di impresa contratto è la forma più leggera e flessibile tra le due. Nasce per disciplinare in modo organizzato le relazioni tra le imprese aderenti ma non dà vita ad un soggetto giuridico a sé stante. Di conseguenza, non deve soddisfare gli obblighi che questo comporta, come invece accade per le reti soggetto.
- La rete d’impresa soggetto, invece, è un vero e proprio soggetto giuridico autonomo. Ciò significa che deve redigere un bilancio, tenere tutte le scritture contabili proprie di un’azienda, dotarsi di partita iva e gestire un proprio fondo, il “fondo comune di rete”. Su quest’ultimo elemento, torneremo nei prossimi paragrafi.
Sempre secondo i dati del rapporto pubblicato pochi giorni fa dall’Osservatorio nazionale sulle reti d’impresa, le reti d’impresa contratto rimangono la netta maggioranza: su un totale di 6.970 reti coinvolte nell’indagine, infatti, oltre l’85% sono reti contratto. La cifra è una fotografia accurata della situazione, considerando che i dati del registro imprese aggiornati al 3 gennaio 2022 rilevano 7.541 contratti di rete sottoscritti e attivi ad oggi in Italia.
Per capire meglio come funzionano le reti d’impresa, vediamo più da vicino quali caratteristiche devono avere:
- Alle reti d’impresa possono aderire sia le aziende che i liberi professionisti con partita IVA;
- I soggetti aderenti devono essere almeno due, anche operanti in settori differenti;
- La forma giuridica non è importante: ad una rete può aderire qualsiasi tipo di impresa. Nel caso in cui le aderenti non abbiano la medesima forma giuridica siamo di fronte alle cosiddette “reti miste”.
- Nemmeno la dimensione delle aziende rileva, dal punto di vista della legittimità della costituzione di una rete. Anzi, a volte capita che una piccola azienda sottoscriva un contratto di rete con un’impresa di maggiore dimensione, ad esempio per beneficiare della forza commerciale di quest’ultima. In cambio, l’impresa più grande potrebbe avere accesso a competenze specialistiche che non possiede.
- Tutte le imprese aderenti devono avere una propria sede operativa in Italia, anche in regioni differenti. Questo significa che le reti d’impresa sono aperte anche alle aziende straniere con una sede stabile in Italia.
Gli elementi principali
La normativa di riferimento identifica anche i contenuti che un contratto di rete deve includere per essere valido. Non si tratta di puri elementi formali, ma di caratteristiche essenziali che aiutano a capire meglio come funzionano le reti d’impresa.
In sintesi, il contratto dovrà indicare:
- La denominazione giuridica completa, la sede legale e il codice fiscale di ciascuna impresa aderente.
- La durata del contratto, che di solito è di durata maggiore rispetto ad altre forme di associazioni. La cosa non stupisce, se si pensa che una rete d’impresa può essere creata per gestire progetti con un orizzonte temporale anche molto lungo: ad esempio, una gara d’appalto, o un investimento produttivo all’estero.
- Gli obiettivi che le imprese in rete intendono raggiungere e il modo in cui verranno misurati i risultati ottenuti.
- Le azioni previste per ottenere gli obiettivi comuni identificati, descritte nel “programma di rete”.
- I diritti e i doveri dei partecipanti: ad esempio, l’obbligo di riservatezza in merito alle informazioni scambiate, la possibilità di condividere le risorse umane per attività funzionali al raggiungimento degli obiettivi identificati, il diritto di utilizzare un eventuale marchio comune di rete.
- Le modalità e i termini previsti per l’ingresso in rete di altre aziende, oltre alle fondatrici: se l’aggregazione non esclude nuove adesioni, si parla di “rete aperta“.
- Le regole che disciplinano il processo decisionale: ad esempio, può essere prevista la creazione di un “organo comune di rete” che rappresenti tutte le aderenti e individui la strategia migliore per realizzare gli obiettivi previsti.
- L’eventuale presenza di un fondo comune di rete.
Per le reti d’impresa soggetto, la presenza degli ultimi due elementi è obbligatoria. Anche le reti contratto, tuttavia, spesso scelgono di istituire un organo comune, per dare maggiore efficacia alla loro azione.
Per quanto riguarda il fondo comune di rete, si tratta di un fondo in cui le aziende fanno confluire le risorse economiche necessarie a sostenere il programma condiviso. Può essere alimentato con apporti successivi, anche provenienti da investitori, finanziatori, bandi o altre misure di sostegno.
Il fondo comune di rete ha un’altra caratteristica molto importante: nel caso in cui la rete si indebiti nei confronti di creditori esterni o risulti insolvente, è il fondo a rispondere, senza intaccare il patrimonio delle imprese retiste.
Il contratto può essere stilato secondo uno schema standard, a condizione che siano presenti nel documento gli elementi obbligatori citati. Una volta redatto, va registrato:
- presso la Camera di Commercio di riferimento di ciascuna impresa aderente per le reti contratto;
- presso la Camera di Commercio dell’area geografica dove la rete ha sede, per le reti soggetto.
A chi rivolgersi per redigere e registrare un contratto di rete? Meglio affidarsi a professionisti esperti. Meglio ancora chiedere l’assistenza di un manager di rete per gestire le attività successive, specie per le aggregazioni più numerose o per le reti nate per portare avanti progetti particolarmente complessi.
Sì, perché partecipare a una rete d’impresa ha indubbi vantaggi, e per sfruttarli in pieno è meglio partire con il piede giusto. Vediamo allora quali sono i benefici dell’adesione ad una rete.
I vantaggi delle reti d’impresa
Capire come funzionano le reti d’impresa significa anche esaminare i vantaggi dietro ad un fenomeno in crescita costante da anni, in Italia.
Il vantaggio più ovvio è già citato nella norma che istituisce le reti d’impresa come forma di aggregazione. La legge 33/2009 indica infatti che lo scopo delle imprese che intendono dar vita a una rete e quello di “accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato“.
Aumentare innovazione e competitività, dunque. Come? Condividendo conoscenze, competenze e risorse: economiche, umane, materiali e immateriali. Pensate all’esempio già citato, in cui una piccola azienda e un’impresa di maggiori dimensioni si aggregano in rete: la prima mette sul piatto della bilancia un portafoglio clienti consolidato, la seconda ricambia con un know-how specialistico che la prima non possiede.
Un secondo vantaggio decisamente importante è la possibilità di beneficiare del “distacco” dei lavoratori. Grazie all’istituto del distacco, un datore di lavoro può mettere a disposizione di un’altra impresa retista i propri dipendenti, nella misura in cui questo sia necessario allo svolgimento delle attività previste dal contratto di rete.
In parole semplici, questo significa che un lavoratore può prestare la propria opera presso un’altra azienda aderente, senza perdere le tutele del proprio contratto di lavoro. Anche quando si lavora al di fuori della propria azienda, dunque, si mantengono le condizioni contributive, di remunerazione e assicurative normali.
Il lavoratore può svolgere la propria attività anche presso una sede diversa da quella delle aziende che partecipano al contratto di rete. In questo caso il distacco si applica, con tutte le conseguenze del caso, se la prestazione svolta è comunque collegata alle attività previste nel contratto di rete.
Prendiamo l’esempio di un’azienda che produce macchinari industriali ma che affida la manutenzione a un’impresa esterna, con cui ha stipulato un contratto di rete. I manutentori potranno recarsi presso le aziende clienti della prima impresa e intervenire sui macchinari installati, con tutte le tutele previste dall’istituto del distacco.
Quando si attua il distacco, l’impresa di provenienza del dipendente può chiedere all’impresa aderente alla rete per cui il lavoratore svolge temporaneamente l’attività oggetto di distacco di pagare la retribuzione spettante. In questo caso la nota di debito emessa da un’impresa all’altra sarà senza IVA e potranno essere conteggiate anche le eventuali spese aggiuntive legate, ad esempio, alla trasferta.
Negli anni, i ministeri e le regioni hanno anche pubblicato bandi e misure di finanziamento per sostenere progetti presentati dalle reti d’impresa. Lo scorso dicembre, ad esempio, in Veneto si è aperto un bando per finanziare progetti di ricerca e sviluppo proposti da aggregazioni d’impresa (incluse le reti) in collaborazione con organismi di ricerca. Si tratta di una misura che prevede anche una componente di fondo perduto che può arrivare anche fino al 40% dei costi a budget, a seconda della dimensione delle imprese coinvolte.
Infine, un altro vantaggio non trascurabile riguarda la possibilità per le imprese che collaborano in rete di proporsi sul mercato come un soggetto ben individuato. Si tratta di una leva di marketing importante, che non riguarda solo le reti d’impresa soggetto: anche le reti d’impresa contratto, infatti, possono organizzarsi per sviluppare una propria immagine coordinata, ad esempio dotandosi di un marchio di rete.
Immaginate una rete d’impresa creata da aziende che operano nel settore del turismo. Una di loro è un’agenzia di marketing: poi ci sono due aziende vitivinicole, un’impresa di trasporti, tre strutture ricettive, un’agenzia di viaggi.
Le diverse imprese collaborano da tempo per creare e promuovere pacchetti turistici integrati che valorizzano la zona del Roero, in Piemonte. Decidono di aggregarsi in rete e, tra le altre cose, creano un proprio marchio sotto cui proporre i loro servizi. Dal punto di vista del marketing e della comunicazione, la scelta si rivela vincente: poco per volta, il marchio comincia a circolare e viene percepito come simbolo che rappresenta il territorio e la sua offerta turistica ed enogastronomica.
Se oggi le reti d’impresa funzionano come all’inizio, e per più di un verso ancora meglio, è perché lo strumento ha saputo evolvere nel tempo. Negli anni, infatti, si sono definiti meglio i meccanismi che le regolano, conciliando norme e pratica in modo sempre più preciso e flessibile. Oggi quasi 7.500 imprese in tutta Italia scelgono di appartenere a una rete d’impresa, e questo significa una cosa sola: che i vantaggi di cui abbiamo parlato sono reali e concreti.