Mattia Berto è un performer, regista e direttore artistico veneziano. Di se stesso racconta che, fin da piccolo, ha respirato teatro e bellezza. Le sue produzioni artistiche e i suoi progetti di “teatro di cittadinanza” cambiano la narrazione dei luoghi e intrecciano storie. Spesso, dentro la magnifica scena a cielo aperto della città dove vive: Venezia.
Chi è Mattia Berto
“Il teatro ce l’ho addosso da quando ero bambino”: Mattia inizia a raccontare così la sua storia personale e artistica. Il teatro addosso non come un vestito che si sceglie al mattino e si toglie la sera: piuttosto, come una seconda pelle.
Il padre è un ristoratore, da sempre: con lui Mattia impara l’arte di accogliere e ricevere e il piacere di entrare in relazione con tutti. I Cadorin invece, la famiglia di sua madre, sono vicini al mondo dell’arte e della cultura.
“Ho ricevuto molti stimoli fin da piccolo, ma i miei genitori mi hanno lasciato libero di sperimentare: ero un bambino istrionico, che amava scoprire, interpretare, travestirsi”. A 10 anni frequenta un corso di dizione e recitazione con Marcella Duse ed entra nella sua compagnia teatrale. È il più piccolo del gruppo, ma cresce sotto la guida dell’artista e degli attori che recitano con lei.
Resta con la compagnia fino all’età di vent’anni, quando decide di iscriversi all’Istituto Internazionale della Commedia dell’Arte, diretto da Gianni De Luigi. De Luigi mette insieme danza e commedia dell’arte: nella sua scuola insegnavano maestri di fama internazionale come Dario Fo, Carolyn Carlson, Ferruccio Soleri e molti altri. Per Mattia è il primo incontro con il teatro di ricerca e sperimentazione.
La svolta artistica, però, arriva con Maurizo Scaparro. Mattia lo considera il suo maestro e lo descrive così: “Un uomo di relazione, capace di creare connessioni e collegamenti come nessun altro”. Contaminazioni artistiche, collaborazioni organizzative, orchestrazioni di regia: seguendo il suo esempio, Mattia Berto diventa performer, regista e direttore artistico. E, proprio grazie a Maurizio Scaparro, inizia a sviluppare la sua idea di teatro come connettore nel tessuto di una comunità.
I progetti e le produzioni di Mattia Berto
Immaginate Venezia dall’alto: a volo d’uccello, come nei romanzi di Victor Hugo. Ora immaginate di avvicinarvi, puntando dritti sul Ponte dell’Accademia. Poco oltre il ponte, si apre Campo Santo Stefano: atterrate ai piedi della statua di Niccolò Tommaseo e vi guardate intorno.
Un gruppo di strani personaggi attira la vostra attenzione: sono vestiti di nero e si accalcano attorno al monumento, al centro del campo. Due di loro recitano un dialogo de La Tempesta di Shakespeare, altre si muovono in gruppo, come un’onda che si stende e si ritira. Una figura magnetica e grottesca calamita gli sguardi del pubblico che si è radunato, inevitabilmente e spontaneamente. Grida, sbraita, declama: sono i titoli dei giornali, che disegnano impietosi le contraddizioni di Venezia. Un sogno ad occhi aperti? No: la performance collettiva di uno dei laboratori di teatro di comunità ideati e diretti da Mattia Berto.
Il teatro di comunità nasce negli anni ’70 e coinvolge i partecipanti nella creazione e nella messa in scena della performance. Un teatro che “si fa”, e che vive delle relazioni tra persone comuni pronte a sperimentare e a mettersi in gioco.
È un teatro inatteso, nato per far star bene chi partecipa e capace di creare la magia tra perfetti sconosciuti. Nelle performance proposte da Mattia le grandi opere classiche si intrecciano con le vicende del nostro tempo, ma anche con le storie e i ricordi che i partecipanti decidono di condividere. Un teatro vivo, pulsante, che trasforma testi, vicende, ambientazioni: e un po’anche le persone.
Teatro di Cittadinanza: così lo chiama Mattia Berto. Partendo dal Teatrino Groggia nel Sestiere di Cannareggio, da lui diretto, inizia a ideare e proporre performance che coinvolgono gli abitanti di Venezia. Sono i cittadini a essere protagonisti, e poco importa se non hanno mai avuto esperienze teatrali. Nascono così le esperienze del Teatro di Cittadinanza:
- Sherazade: negli hotel della città lagunare, i veneziani raccontano le loro storie ai turisti. La faccenda è seria e importante: come Sherazade ne Le mille e una notte, lo fanno per salvarsi la vita.
- La Tempesta di Shakesespeare: dalla Stazione di Santa Lucia al Ponte di Rialto fino a Campo Santo Stefano, la storia d’amore tra Miranda e Fernando racconta le bellezze e i contrasti della Venezia di oggi.
- L’Odissea: Mattia mette in scena nelle case private i momenti più importanti del poema di Omero. Il ciclo di performance previste, però, non si è concluso, a causa dell’epidemia di Coronavirus.
Ora Mattia sta lavorando ad un nuovo progetto: U-Topi-a Venezia. Il Teatro Stabile del Veneto ospita l’artista e il gruppo di cittadini attori che partecipano all’esperienza: l’obiettivo è mettere in scena una performance collettiva che si snoderà lungo le vie d’acqua di Venezia, esplorando nuove visioni della città.
Venezia trasformata, riscoperta, riproposta attraverso lo sguardo e le azioni dei suoi cittadini. Il teatro si fa dovunque, arriva in tutti i luoghi e li collega, li rinnova, a volte li fa rivivere. Anche le botteghe della città diventano teatro: e forse non c’è luogo migliore, per il ruolo che Mattia affida loro. Dopotutto, nelle botteghe la gente si incontra, si racconta, rinsalda quei legami di comunità che passano anche dietro alle chiacchiere scambiate da un lato all’altro del bancone.
Le botteghe sono uno dei tantissimi cuori che a Venezia battono insieme, dissonanti, sincopati o in armonia: non è un caso se il progetto Teatro in bottega è nato per salvare un salone di parrucchiera che stava per chiudere. Insieme alla fotografa Giorgia Chinellato, Mattia coinvolge artisti, danzatori, sound designer: e finisce steso in una bara, o con i bigodini in testa, o in vetrina, come un corpo in vendita.
Un modo per esplorare temi universali in uno scenario che più quotidiano non si può: è la riscoperta degli spazi e delle relazioni. Del resto, per Mattia non esistono luoghi del passato e luoghi del presente: solo luoghi da vivere e continuare a far vivere, come spazio di incontro, di domande e di racconto.
Fondaco delle Storie
Anche con Fondaco delle Storie, l’ultimo progetto del performer veneziano, Mattia Berto riscopre uno dei luoghi storici di Venezia: ma lo fa a modo suo, con un video che è teatro e racconto insieme. Lo seguiamo nei panni di un antico mercante, di notte, per le vie di una città deserta.
Alla luce di una lanterna, Mattia entra nel Fondaco dei Tedeschi e inizia a narrarne la storia. Non come farebbe una guida, ma con le parole di chi, in quel luogo, ha vissuto l’infanzia. Il Mattia – mercante ci parla dell’architettura e delle vicende del luogo, ma ci racconta anche un pezzo della sua vita di bambino e di uomo di commercio: un pozzo spostato e poi ricollocato nella sua posizione originaria, il lavoro quotidiano, gli ammonimenti di suo padre che si intrecciano a quelli – altrettanto antichi, ma più simbolici – della mura del Fondaco.
È una ricerca, la sua. Il mercante sta cercando un ricordo, con l’urgenza di chi vuole ritrovare qualcosa di importante ma anche con la dolce meraviglia di chi rivede un luogo che è stato testimone di una parte della sua esistenza.
A contattare Mattia è stata Anna Adriani, la responsabile Marketing e Comunicazione di T – Fondaco dei Tedeschi, lo store gestito dal Gruppo DFS – LVMH. L’idea iniziale era quella di raccontare la storia del luogo attraverso un podcast: una proposta in linea con la politica di T – Fondaco dei Tedeschi, che ha scelto di dare valore a Venezia e al territorio, riservando uno spazio anche ai prodotti e alle creazioni di imprese e artigiani locali.
Mattia, però, suggerisce di modificare l’idea originaria: non sarà una voce a fare da guida, ma una figura in carne e ossa che darà vita al racconto sotto gli occhi dello spettatore. Sono nati così i quattro video di Fondaco delle storie. Il primo è stato pubblicato sui canali Facebook e Instagram di T – Fondaco dei Tedeschi il 2 aprile: altri tre episodi sono previsti per il 16 aprile, il 30 aprile e il 14 maggio.
Nelle intenzioni dell’artista, la narrazione di una storia antica diventa un modo per raccontare il presente: la ricerca del mercante, tra luoghi e ricordi familiari, parla anche delle assenze, dei desideri e degli affetti che ciascuno di noi sperimenta nel periodo che stiamo vivendo. “In tutte le mie produzioni racconto il mondo e la contemporaneità“, spiega Mattia: Fondaco delle Storie non fa eccezione.
Ad accompagnarlo nel progetto, il cameraman Giuseppe Drago e ancora Giorgia Chinellato alla fotografia. La cappa indossata dal mercante nel video, invece, è stata realizzata da Roberto Piffer, giovanissimo designer trentino trasferitosi a Venezia per studiare. “Ho voluto coinvolgere Roberto perché la sua esperienza rappresenta la ricchezza che può arrivare alla città dall’esterno – racconta Mattia – non solo turisti, ma anche persone che scelgono di restare a Venezia creando relazioni e sviluppando nuovi progetti”.
Il teatro e la comunità
Venezia accogliente, città da riscoprire e ripensare. Quando ne parla, Mattia usa una parola antica e bellissima: polis. Polis è un luogo fisico, ma anche l’espressione delle regole, delle relazioni e delle abitudini che sostengono una comunità e la tengono in vita.
Mattia Berto pensa ad un teatro che lavora nella comunità e per la comunità. Ed è un progetto talmente potente e così pieno di energia che diventa strumento capace di adattarsi non solo ai luoghi più diversi, ma anche a comunità differenti da quella di origine.
Così, il Teatro di Cittadinanza è arrivato fino a Cortina, dove Mattia ha realizzato un video che ha coinvolto i negozianti della città. Nei panni di un eccentrico commesso viaggiatore in colbacco e piumino dorato, Mattia segue le orme di una Cappuccetto Rosso che arriva da lontano: una visione di Cortina diversa, dove – ancora una volta – simboli del presente e richiami al passato (compreso un paio di strani occhiali anni ’70) si intrecciano per raccontare un luogo e la sua comunità.
Mattia ha vestito i panni del commesso viaggiatore anche a Firenze, protagonista di una storia natalizia: insieme a lui, ventidue artigiani fiorentini e le loro botteghe. Di nuovo la bottega, teatro quotidiano di scene perfette, intreccio di dialoghi e di storie: come tutti i luoghi delle nostre città, dai più familiari ai più insoliti.
Sono questi gli spazi del teatro di Mattia Berto: non solo le quinte, il palco e la scena ma i luoghi dove le persone vivono, si incontrano e si scontrano, stravolgendo ogni copione. Perché, come dice Mattia: “La vita se lo mangia, il teatro”.
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