Piacenti SpA è un’azienda di Prato che si occupa di restauro da quasi centocinquant’anni. Questa è la maniera più semplice per dirlo: ma centocinquant’anni di arte, lavori e capolavori non si raccontano con così poco.
Chi è Piacenti SpA
Meglio partire dall’inizio, allora. Da una piccola bottega a Cavarzano di Vernio, sulle colline in provincia di Prato. Qui Vincenzo scolpiva la pietra e l’ebano, dedicandosi a quei lavori che sono così necessari nelle piccole comunità: riparazioni, restauri, lavorazioni artistiche. Anche per la chiesa del luogo.
La passione e l’arte si tramandano, di generazione in generazione: prima con Geremia, figlio di Vincenzo, poi con Gianfranco, padre di Giammarco. Il restauro è sempre stato una storia di famiglia, con le nuove leve che vengono coinvolte appena possibile nelle attività. Come Silvia, la nipote di Giammarco: sono loro, insieme, a raccontarmi la storia e la vita dell’azienda
“Mio padre sognava in grande: voleva partire per il Canada, ma poi cambiò idea e si trasferì a Prato”, spiega Giammarco, presidente di Piacenti SpA. Che ricorda con quanto orgoglio suo padre gli parlasse del suo primo restauro importante: quello degli interni in mogano rosso della nave Raffaello, l’ultimo grande transatlantico italiano.
Negli ultimi cinquant’anni, Piacenti SpA è cresciuta, iniziando a lavorare in ambito internazionale: merito anche dell’incontro con Leonetto Tintori, grande artista e restauratore che coinvolse Piacenti in importanti progetti in tutto il mondo.
“Fino a prima del Covid, il 75% del nostro fatturato proveniva da cantieri all’estero”, raccontano Giammarco e Silvia. Russia, Cina, Vietnam, Medio Oriente, Cuba, Europa dell’Est: ogni progetto di restauro è un’avventura nuova. Sì, perché a paesi diversi corrispondono materiali e tecniche differenti, ma anche condizioni climatiche specifiche, a volte decisamente a limite. Come in Russia, durante il restauro delle pitture murali policrome di una chiesa, o in Medio Oriente, dove il team di tecnici e restauratori ha dovuto vedersela con il caldo e con la sabbia.
“Se non vedi cosa succede nel mondo non impari”. Lo dice proprio così Giammarco Piacenti, con la chiarezza di un uomo che vuole spiegare il suo lavoro nella maniera più semplice possibile: anche quando si parla di un settore difficile e complesso come quello del restauro.
Oggi i governi di tutto il mondo considerano il proprio patrimonio culturale come una ricchezza da valorizzare, anche in considerazione dell’indotto economico e turistico che genera. Un tempo, però, la situazione era molto diversa: i fondi erano davvero pochi e il mercato era monopolizzato da grandi aziende, come accade tuttora.
Le imprese più conosciute subappaltano alle realtà minori, senza dar loro la possibilità di parlare con il committente o di proporre soluzioni specifiche per il proprio lotto di competenza. Piacenti decide di uscire da questa logica e abbandona i piccoli lavori per privati: il primo grande restauro pubblico è a Napoli, dopo il terremoto del 1980.
Che cosa trasforma una bottega artigiana in un impresa capace di farsi conoscere e apprezzare a livello internazionale? Una strategia chiara, che passa per un’ottima organizzazione, un controllo di gestione efficace e una rete di collaborazioni d’eccellenza.
All’esterno, con università e centri di ricerca. Ma soprattutto all’interno, scegliendo i profili professionali migliori per farli lavorare e crescere in azienda. Anche perché ogni cantiere fa storia a sé: “Le situazioni e gli imprevisti da affrontare sono tanti e diversi“, racconta Silvia “Ci vogliono preparazione e professionalità, ma anche intuizione e talento”.
Solo così è possibile affrontare grandi lavori di restauro come contractor: Quali lavori? Scopriamoli insieme.
I restauri di Piacenti SpA
Immaginate qualcosa di splendido: no, non solo come può esserlo un’opera d’arte. Pensate a qualcosa di più grande, qualcosa che vada oltre la bellezza. Un simbolo di pace, che unisce l’umano al divino: un luogo che – mi dicono in molti – non lascia indifferente nemmeno chi non crede in Dio.
Ora, immaginate di poterlo toccare: pietra dopo pietra, tessera dopo tessera. Con mani attente, esperte e meravigliosamente umane. Avrete una pallida idea di come devono essersi sentiti i restauratori e i tecnici di Piacenti SpA quando hanno iniziato il restauro della Basilica della Natività a Betlemme. Due chiese e una cripta, la grotta della natività: il luogo dove, secondo la tradizione, sarebbe venuto al mondo Gesù.
Il nome del filmato che documenta i lavori, iniziato nel 2013, è “Restaurare il cielo“. Prima il tetto della Basilica, con un’opera di restauro monumentale, poi le colonne, poi ancora l’apparato decorativo e il meraviglioso ciclo di mosaici, riportati al loro antico splendore. Ventiquattro contratti diversi, dal 2013 in poi: un’opera immane che Piacenti SpA ha gestito in qualità di general contractor, coordinando un team di 400 persone provenienti da tutto il mondo, tra restauratori, tecnici ed esperti.
“Abbiamo lavorato in condizioni difficili, trovando però grande collaborazione. Le notizie del restauro hanno fatto il giro del mondo: un’esperienza incredibile”, spiega Giammarco. Poi si sofferma su alcuni episodi che rendono l’idea di quanto straordinario sia stato viverla.
Come il fatto che le tre comunità cristiane che gestiscono ciascuna una porzione della Basilica abbiano concordato all’unanimità sulle scelte di restauro, oppure che risorse umane e finanziamenti siano arrivati da fonti ebree, cristiane e musulmane. O, ancora, che l’Autorità Nazionale Palestinese, entità formalmente non riconosciuta dall’ONU, abbia ottenuto l’iscrizione della Basilica nella lista dei siti Unesco patrimonio dell’Umanità. La scritta sulla targa che la identifica come tale è emblematica: “Luogo: Palestina”
I lavori sono proseguiti anche durante gli scontri di cui sono state testimoni le zone contese tra Israele e l’ANP negli scorsi anni: “Abbiamo lavorato per quarantotto giorni durante la guerra”, racconta Giammarco. Che ricorda anche le numerose visite di capi di stato e di governo da tutto il mondo: il Presidente Sergio Mattarella e gli esponenti del Governo italiano, ovviamente, ma anche Papa Francesco, il presidente francese, il vicepresidente cinese e i rappresentanti delle grandi religioni monoteiste, solo per citarne alcuni.
Silvia, invece, è stata l’artefice di una scoperta importantissima: durante i restauri, sotto l’intonaco di una parete della navata centrale, ha riportato alla luce il “settimo angelo“, una figura a mosaico che si riteneva ormai perduta. Del ritrovamento si è parlato ai quattro angoli del globo.
Quello della Basilica della Natività è solo uno dei grandi restauri che Piacenti S.p.A sta portando avanti. Come si diceva, fino a prima della pandemia da Covid 19 la stragrande maggioranza dei cantieri era all’estero: ora invece l’azienda di Prato sta lavorando soprattutto in Italia. Tra i cantieri più importanti:
- Il restauro dei mosaici del Duomo di Cefalù, già concluso;
- Il restauro del Duomo di Monreale;
- I lavori in corso al Castello Scaligero di Sirmione;
- Il restauro della Basilica di Esztergom, in Ungheria.
“Vietato l’ingresso: stiamo lavorando per voi”: ci si aspetterebbe di trovare un cartello del genere, che avvisa turisti e visitatori di un impedimento temporaneo all’accesso ai siti in restauro. Nulla di tutto questo: “Aperti per restauro” è il nuovo motto di molti cantieri, ed è solo uno dei motivi per cui Piacenti è straordinaria.
Perché continuare a seguirla
La sfida è proprio quella di consentire che il pubblico continui a visitare opere d’arte e luoghi mentre i lavori di restauro proseguono. Certo, non si tratta di una questione semplice da gestire: pensate soltanto alla logistica, o alle considerazioni sulla sicurezza dei visitatori e dello stesso team di restauro.
Eppure, l’azienda di Prato lo ha reso possibile, con un investimento che ha avuto un ritorno fortissimo. In termini di immagine, ovviamente, ma anche di apprezzamento da parte dei visitatori e dei committenti.
Del resto, il rapporto di fiducia che l’impresa toscana coltiva con chi commissiona i lavori è una delle chiavi fondamentali per la buona riuscita dei restauri. Silvia parla apertamente di empatia, che è qualcosa di più della semplice comunicazione efficace. Vuol dire saper cogliere i dettagli, la sensibilità culturale, le attese nascoste dietro alle richieste esplicite.
Alla base c’è un metodo di lavoro accuratissimo, con una linea di metodo definita. Il restauro è scienza, e come tale, per usare le parole di Giammarco, “è logico, paziente, ripetibile e non empirico”. In altri termini, ogni nuovo lavoro non parte da zero, ma viene sviluppato secondo una metodologia precisa. Certo, poi ci sono la componente di imprevisto, le decisioni prese sul campo, lo spazio per l’intuizione: ma sempre all’interno di un confine rigoroso.
Quanto rigoroso lo dimostrano i lavori preliminari in corso per un intervento di restauro sul Duomo di Prato. Il team sta conducendo i rilievi archeologici (“Stiamo giocando”, chiosa Giammarco) e ha deciso di catalogare e documentare ogni singolo concio di pietra. Un lavoro immane che sarà senza dubbio un’ottima base per i lavori successivi affidati a Piacenti: ma anche un grosso regalo per eventuali interventi futuri.
Lavorare così significa assumersi responsabilità precise nei confronti dell’arte, della propria opera e di chi verrà dopo. Spesso è difficile far trasparire tutto questo: in molti servizi o documentari si vedono singoli frammenti di restauro, oppure le immagini del prima e del dopo, come in una sorta di make – up miracoloso o in un video in time – lapse.
Giammarco e Silvia si scambiano un’occhiata divertita e ironica mentre sottolineano che “Restaurare non significa dare la cipria” . Nel video che documenta gli interventi sulla Basilica della Natività lo si vede bene: gli operatori puliscono e fanno risplendere con i pennelli, ma rinsaldano e sostengono, anche, e c’è chi lavora con martello e scalpello. In situazioni difficili, dove il rispetto più attento si scontra con il tempo, il caldo, il freddo e una quantità di altri elementi da considerare.
Quando chiedo a Silvia e a Giammarco che cosa amano nel loro lavoro, mi rispondono che l’arte è bellezza, equilibrio, novità. Nasce per lasciare una traccia umana nel mondo, come se l’uomo volesse portare nel futuro un pezzo di eternità. “Questi anni di limitazioni ci hanno mostrato che abbiamo bisogno della bellezza come dell’ossigeno che respiriamo“, spiega Giammarco. “Noi lavoriamo per conservarla, e permettere alle generazioni che verranno di continuare a goderne”.
Link utili:
Indirizzo: Piacenti S.p.A. – Centro Restauri, Via Marradi 38, 59100 – Prato
Sito web: https://www.piacenti.org/
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